Centro Studi Albero del Mondo. Scivias


L'Ungheria neofolk degli Scivias


 Nome:  Scivias
 Componenti:  Alexander Rády, Zsolt Koszegi, László Kollár, László Gémes, Zsolt Valentin, Réka Benyovszky, István Mikó, Orsolya Kozák, Mónika Kárpáti
 Provenienza:  Ungheria
 Genere:  Neofolk
 Links: http://www.myspace.com/sciviasofficial
http://www.eislicht.de/

Ciň che in questa sezione del nostro sito vi chiediamo, č di fermarvi un attimo, staccare dal quotidiano ricco di doveri da compiere e salire per qualche minuto sul nostro treno immaginario ed immaginifico per compiere, č il nostro auspicio maggiore, un viaggio che dia un'impronta di saggio amore per la musica alle pagine virtuali dell'Albero Del Mondo.
E' un treno che non ha una rotta prefissata come non l'avevano i nostri antichi padri nel loro colonizzare l'Europa e spesso proprio le tracce
'fossili' del loro esistere sono impronte che incontriamo nel proporvi musicisti cui ci sentiamo legati.
Attraversando le Alpi, se viaggiamo da sud-ovest, e i Balcani se giungiamo dalla direzione opposta, arriviamo all'Ungheria, la Terra dei Magiari, la Magyarország, un territorio da sempre crocevia tra culture slave o sassoni e, nell'antichitŕ, a partire dal IV sec. A.C., fondamentale centro di sviluppo per popolazioni celtiche indoeuropee combattive. Lo sapevano bene i romani quando partirono per la conquista della Pannonia!
Natura stupenda e ricca di laghi (famoso per la bellezza paesaggistica il Balaton), foreste e fiumi in mezzo ai quali spiccano Buda e Pest, i due amanti divisi dal Danubio che legati da ponti-vincolo diventano cittŕ, capitale, sede di storia importante per l'Europa dell'800. In poche parole questa č l'Ungheria degli Scivias, un piccolo ensemble - agli ordini di Sándor Rády - che, nato nel 1992, rende concreto solo nel 2001 i propri sforzi sotto l'egida della label Eis Und Licht.
Esce quell'anno "...And You Will Fear Death Not", un capolavoro sonoro punto d'arrivo per tutto il panorama neofolk perché in sé somma tutta la ricerca marziale precedente dei Death In June, le apocalissi di Sol Invictus, la psichedelia ruvida e blasfema di Blood Axis ma anche il senso di dolcezza folk popolare di Fire+ Ice, nonché trampolino per il futuro sinfonico del panorama darkfolk che, soprattutto in realtŕ slave dal Baltico alla Russia, ci doneranno in tanti act neoclassicismi romantici e struggenti. Un nuovo modo di intendere il neofolk ora depresso e disilluso. Su tutti Romowe Rikoito ha saputo seguire le marcate impronte del cammino Scivias. Il viaggio allora sul carrozzone tzigano della band merita di essere compiuto.
Incontrerete "The Peach Boy", tra le tante canzoni stupende, un brano che merita una riflessione a parte. Antichissima favola giapponese, tra elegie e tradizione, eroismi e profumi d'Oriente (cercatela con un motore di ricerca, in rete si trovano versioni in inglese di "Momotaro- The Peach Boy" bellissime, corredate da disegni incantevoli, adatte anche per essere narrate ai vostri bimbi se siete genitori).

Momotaro č un piccolo bimbo che giunge ad una coppia senza figli all'interno di una pesca che naviga lungo il fiume. Rimane con loro, ama la famiglia cui č affidato forse dal destino, molto probabilmente dagli Dei, compiendo atti che non vi svelo per non derubarvi della gioia di cercare e leggere la favola del bimbo-pesca.
Mi soffermo perň nel cercare e trovare similitudini con questa piccola leggenda nipponica, dove la vita, come dono divino, giunge dall'acqua, lungo il corso di un fiume che, simbolico e amniotico, rappresenta la parte fondamentale del ciclo dell'acqua come "sorgente-fiume-mare-pioggia" per poi divenire nuovo "inizio" e quindi "sorgente".

In "The Peach boy" troviamo la stessa voglia di vita, intesa come dono, che Isis trova nel Nilo. Nilo che le riporta il suo amato Osiris per poter, nuovamente insieme, amarsi e dare vita ad Horus.
Oppure il parallelo va a tutte quelle centinaia di miti che nascono lungo i corsi d'acqua piů importanti, ma anche spesso piccoli e locali, di un'Europa che tra Reno, Po, Volga o, in questo caso, il Danubio che taglia a metŕ una cittŕ, Budapest, simbolicamente pesca e quindi fonte di vita culturale degli Scivias.
L'acqua e le sue deitŕ. Quei corsi d'acqua che, nelle ere, i nostri padri amavano e sacralizzavano attraverso ritualitŕ, nei quali riponevano aspettative e preghiere alle divinitŕ cui li dedicavano.
Nel corso della storia, tra torrenti ed ere, hanno visto il mascheramento da parte del clero dei miti, associati a quei loci, nati e cresciuti nelle nebbie dell'Europa pagana. Fiumi che erano sfaccettature di un culto lontane da una religio che, autodefinendosi suprema, imponeva la sua egida sull'Europa intera. Il fiume era adorato nella sua pura essenza in quanto locus divino, non generatore di purezza per mano di un Dio battezzatore ed estraneo. La purezza era insita nel corso dell'acqua, nella spuma della corrente, nei miti generati intorno ad esso e per esso, questa era la cifra del suo simbolismo elementare.
Quando un album č oggetto di discussione, come in questo caso, esso sottende l'occulta presenza di qualcosa che va oltre ciň che la musa ha seminato nel cuore dei musicisti ungheresi: un unico splendido album troppo presto dimenticato che noi ci sentiamo in dovere di offrirvi con l'amore per la musica che č anche l'amore per la nostra grande, grandissima, antica Europa.
Buon ascolto

Nicola Tenani

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